Consumare preferibilmente…
LA DATA DI CONSUMO SUGLI ALIMENTI
“Preferibilmente” o “entro”: cosa cambia
La presenza o meno dell’avverbio “preferibilmente” cambia le cose e di grosso. Se c’è significa che dopo quella data l’alimento è ancora commestibile, in alcuni casi anche per mesi, e mangiandolo non si rischia alcun mal di pancia. Certo ne risentirà in termini di gusto, aroma, colore e consistenza, e non avrà lo stesso apporto di nutrimenti, ma rimane sicuro. Quanto in là possiamo spingerci rispetto a quanto indicato in etichetta? Dipende dai casi ma, in linea di massima, più lungo è il termine minimo di conservazione previsto per un determinato alimento e maggiore sarà il margine di tolleranza. Per intenderci: il tonno in scatola, che dura anni, se assunto tre mesi dopo la data indicata non avrà differenze significative. Se abbiamo dubbi, comunque, prima di buttare, apriamo, odoriamo, assaggiamo e decidiamo. Più attenzione richiedono gli alimenti maggiormente deperibili (latte fresco, uova, yogurt, ricotta, pasta fresca…) che prevedono l’indicazione “da consumarsi entro”: il termine è rigido, perché c’è in gioco la salute. Questo non significa che dopo questa data scatta un meccanismo di autodistruzione immediato: in alcuni casi è possibile una certa tolleranza, sempre che il prodotto sia stato conservato correttamente.
Fonte: http://www.altroconsumo.it/alimentazione/sicurezza-alimentare/news/scadenza-alimenti
Non solo le date di scadenza possono risultare fuorvianti per quel che riguarda la vera deperibilità di un prodotto alimentare, ma non c’è neanche alcuna conformità di impiego e di utilizzo, solo una grande confusione. Alcuni produttori infatti utilizzano la dicitura un po’ vaga “Da consumarsi preferibilmente entro il….” mentre altri preferiscono essere un po’ più imperativi quando scrivono “Consumare prima del…”. Altri ancora, invece, utilizzano la dicitura (per altro assolutamente inutile sotto il punto di vista della sicurezza) “Da vendersi preferibilmente entro il…”. Una dicitura, quest’ultima, che serve a mantenere la coscienza di chi vende senza macchia ma che non offre ai consumatori alcuna indicazione utile su una data limite per il consumo.
Questa disparità nelle diverse diciture utilizzate è una conseguenza del fatto che, con l’eccezione delle diciture degli alimenti per neonati e bambini, non esiste una vera regolamentazione a livello nazionale né europeo per quel che riguarda le date di scadenza, e quindi neanche nessuna standardizzazione. Alcune nazioni utilizzano alcune diciture, altre nazioni altre. Di conseguenza è facile evincere che la data di scadenza posta su un determinato prodotto dipende interamente dall’azienda che lo produce, sempre quando non viene modificata dai negozianti disonesti o incuranti che magari vi applicano sopra un’altra etichetta con scadenza posteriore per non ritrovarsi con scorte invendute.
Fonte: http://www.guidaconsumatore.com/alimentazione/data-di-scadenza.html