INTERNET fra luci ed ombre. RISORSA O PROBLEMA?
“C’è connessione?” Questo interrogativo ha soppiantato, nel giro di pochissimi anni, le tante domande esistenziali che gli uomini si sono posti nel corso della loro evoluzione. Pare che, in questa domanda, si dischiudano i dubbi più remoti e, in caso di risposta positiva, si plachino le ansie dell’uomo contemporaneo.
Essere connessi, ormai, è uno status a cui difficilmente si rinuncia, al punto di salire sull’ultimo piolo di una scala o sottoporsi ad estenuanti contorsioni alla ricerca del “segnale” per comunicare e condividere informazioni, pensieri, opinioni, giochi e quant’altro. Non a caso, il termine “connessione” significa proprio “intima unione fra due o più cose; per lo più figurativo, legame di stretta relazione e interdipendenza tra fatti, idee e simili”1.
Come sottolinea Galimberti2, uno tra i grandi pensatori viventi, con Internet ci avviciniamo a ciò che è distante e ci allontaniamo da ciò che ci è vicino, modificando, in tal modo, il nostro modo di fare esperienza, di comunicare, di apprendere, di pensare e, quindi, di vivere.
Non si vuole, qui, demonizzare internet ma accennare alle luci ed alle ombre che la rete porta con sé, al fine di favorirne un uso consapevole, soprattutto riconoscendone il peso che questo ha su ciascuno di noi.
L’informatizzazione, ed ancor più il web, ha permesso di fare grandi passi avanti nella ricerca e nel miglioramento della qualità della vita: tutto è a portata di un click! Le nostre abitudini sono completamente cambiate. Se prima facevamo file chilometriche nei vari uffici, adesso, in pochi minuti possiamo adempiere ai nostri doveri di cittadini comodamente seduti sul nostro divano. Grazie ai social possiamo contattare persone che non vedevamo dalle scuole elementari, sapere cosa succede dall’altro lato del mondo in diretta, fare videoconferenze o semplicemente cercare di saziare la nostra curiosità andando sui profili di altri utenti.
Le nostre emozioni non sono più nostre, basta uno smile per condividere con gli “amici”, o con tutti, il nostro stato d’animo. La simultaneità delle informazioni cerca di far propri anche i sentimenti che, ahimè, ma anche per fortuna, hanno tempi ben diversi dalle emozioni.
Bernando Nante, in un suo libro, rifacendosi al fondatore della psicologia del profondo, scrive “per Jung l’uomo è un essere collettivo in due sensi: sociale ed archetipico. Ogni individuo presenta un aspetto creativo ed uno distruttivo, la coscienza collettiva offre valori culturali che consentono la creazione, la differenziazione e l’adattamento di ciascuno, ma essa può anche contribuire all’identificazione con la persona e alla conseguente massificazione; l’inconscio collettivo (o più precisamente il Sé) fornisce stimoli e simboli che orientano la crescita della personalità, la quale può essere sviata e persino dissolta nelle tenebre dell’inconscio, se l’Io non si fa carico della propria vocazione. Tuttavia è chiaro che, se ci limitassimo a queste precisazioni, si potrebbe concludere che l’influenza della società riguarda esclusivamente la coscienza e non anche, in parte, l’inconscio.” 3
Il web, quindi, influenza non solo le nostre abitudini, ma anche la nostra parte più profonda, il nostro inconscio. Una volta, quando si faceva riferimento a qualcosa, si attingeva nel repertorio della tradizione orale o scritta, ai miti classici, alle fiabe, alle leggende. Oggi, diciamo “l’ho letto su Internet”. Derrick de Kerckhove4 è arrivato a postulare l’esistenza di un “inconscio digitale” che è collettivo, connettivo ed individuale.
Tutto questo apre nuovi scenari non solo a chi si occupa dello studio dell’uomo in senso sociale o antropologico, ma anche nella clinica. Sono sempre, infatti, in maggiore aumento i casi di dipendenza da Internet, con i relativi correlati psicopatologici. “La tecnologia digitale, proprio nel suo essere esperienza immersiva e pervasiva, offre sistemi di trasmissione e di comunicazione, possibilità nuove per rendere reale, nel dominio del virtuale, tutto ciò che è inconsciamente psichico”5 che, se non adeguatamente gestiti, possono contribuire a far emergere la parte più negativa e pericolosa che è dentro di noi.
Il possesso di massa degli smartphone, gli aspetti ludici e ricreativi del web, la gratificazione immediata, le particolari e continue emozioni ed il sentimento di onnipotenza, possono predisporre ad un uso compulsivo6 e non sano della rete, soprattutto in soggetti che hanno già una fragilità interna, che sono portatori di specifiche problematiche o che attraversano periodi particolari della vita personale e relazionale.
Risulta, perciò, auspicabile, se non fondamentale, un’educazione all’uso della tecnologia, sia negli adulti che nei giovani. Non bisogna, infatti, togliere o eliminare gli strumenti informatici ma trovare modalità di fruizione più adeguate affichè essi possano assolvere alla loro funzione in modo consono e sano, inserendoli nella complessità di vita di ciascun individuo7.
Considerare, pertanto, l’uso inappropriato della rete solo come “sintomo” di malessere è riduttivo, in quanto il sintomo è anche carico di potenzialità simboliche e trasformatrici che, opportunamente, trattate possono costituire un’ulteriore strada verso la propria individuazione.
1 www.treccani.it
2 Galimberti U., 2009, “I miti del nostro tempo”, Feltrinelli, Milano
3 Nante B., 2012, “Guida alla lettura del libro Rosso di C.G. Jung”, Bollati Boringheri, Torino, p. 35
4 De Kerckhove D., 2016, “Condivisione on line e off line”, in “Un mondo condiviso”, AA.VV. , ed. Laterza, Bari
5 Oddo L., 2018, “L’inconscio tra reale e virtuale”, Moretti & Vitali, Bergamo, p.40
6 Carretti V., La Barbera D., 2009, “Le nuove dipendenze. Diagnosi e Clinica”, Carocci, Roma.
7 Lavenia G. , 2018, “Le dipendenze tecnologiche”, Giunti, Firenze