Covid-19, tamponi e attendibilità del test
Si parla e straparla di tampone rino-faringeo per identificare il coronavirus o Sars-CoV-2 responsabile della Covid-19.
I test diagnostici attualmente utilizzati in Italia per evidenziare la positività alla Covid-19, si basano sulla metodica molecolare di reazione a catena della polimerasi (Pcr).
Prima di continuare è opportuno chiarire due proprietà riguardo all’esame (test).
Cos’è la sensibilità di un test?
La sensibilità di un test, in senso epidemiologico, è la sua capacità di identificare correttamente i soggetti malati: la sensibilità quindi è la probabilità che un soggetto malato risulti effettivamente positivo al test. Un esame è altamente sensibile quando tutti i malati risultano positive al test.
Cos’è la specificità di un test?
La specificità di un test è la sua capacità di identificare correttamente i soggetti sani, quindi è la probabilità che un soggetto sano risulti negativo al test.
Volendo dare un contributo di chiarezza sull’argomento si riportano, da più fonti, le informazioni sulla sensibilità del test e la esecuzione del prelievo che può condizionarne l’esito.
http://www.trapianti.salute.gov.it/imgs/C_17_primopianoCNT_547_0_file.pdf
Società Italiana di Ematologia e Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo (GITMO)
“ricordiamo che il tampone ha una sensibilità circa del 70% e quindi la sua negatività non significa certezza dell’assenza della infezione nei giorni successivi.”
https://www.researchgate.net/publication/340183398_Tamponi_Covid-19_Real-Time_PCR_e_Altre_Storie
“Basse cariche virali in pazienti asintomatici o lievemente sintomatici potrebbero non essere rilevate in modo affidabile mediante rRT-PCR. Riguardo la positività, non si può escludere la presenza di un altro coronavirus umano nel tampone, che potrebbe determinare delle reattività crociate. Ricordiamoci che esistono altri coronavirus umani che possono circolare durante la stagione influenzale assieme ai ‘classici’ virus influenzali.” (Loretta Bolgan e Pietro Massimiliano Bianco)
“Se la malattia è nelle fasi molto precoci, il tampone può dare un risultato negativo”, spiega il prof. Stefano Vella, virologo (già direttore del Centro per la Salute Globale presso l’Istituto Superiore di Sanità nonché professore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano). “A infezione conclamata è molto raro che un tampone dia un risultato falsamente negativo, ma se viene eseguito troppo presto e il virus non ha avuto il tempo di replicarsi il tampone può dare esito negativo e deve essere ripetuto. Dunque, in un sospetto caso di malattia, o perché il paziente presenti i sintomi o perché sia venuto in contatto con un soggetto contagiato, si esegue un tampone e se questo da esito negativo è necessario ripetere il prelievo in un momento successivo e in siti diversi del tratto respiratorio per un’analisi di conferma.”
“Al paziente considerato clinicamente guarito si esegue il tampone alla dimissione per capire se la persona infetta deve stare ancora in quarantena o meno e valutare la contagiosità anche dopo la fine della malattia, che sembra essere lunga, almeno 10 giorni.”
https://www.aboutpharma.com/blog/2020/03/18/covid-19-ecco-come-funzionano-i-test/
Il prof. Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, in un’intervista a Mattino Cinque del 17 marzo evidenzia come sia fondamentale essere sicuri dell’attendibilità dei test per non correre il rischio di incappare in risultati non attendibili, come “in Germania dove si sono registrati il 70% di falsi positivi.”
Ecco le conclusioni dello studio “Potenziale tasso di falsi positivi tra gli “individui infetti asintomatici” in stretti contatti di pazienti COVID-19” del dott. Zhuang GH, del Dipartimento di Epidemiologia e Biostatistica della University Health Science Center di Xi’an in Cina, pubblicato il 05 marzo 2020 dal National Center for Information Technology: “Negli stretti contatti dei pazienti con COVID-19, quasi la metà o anche più degli “individui infetti asintomatici” riportati nello screening del test dell’acido nucleico attivo potrebbero essere falsi positivi.”
Spiega il prof. Antonio Cascio, ordinario di Malattie Infettive alla Università degli Studi di Palermo e componente del direttivo della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit):
anche un “semplice” tampone “tanto semplice non è”, perché l’operatore (che può essere un medico, un infermiere o un biologo) deve eseguirlo nella maniera corretta, “inserendo il tampone fino in fondo, superando le coane nasali fino alla parete della rinofaringe.”
“La sensibilità del test – continua – dipende anche da come è stato fatto il tampone. Se lo striscio nelle narici non è fatto bene, non si preleva un campione significativo e il risultato è falsamente negativo.”
Secondo il prof. Pier Luigi Lopalco, epidemiologo, professore di Igiene generale e applicata all’università di Pisa e responsabile del coordinamento per le emergenze epidemiologiche della Regione Puglia, “Il tampone rileva il virus, con un certo livello neanche ottimale di sensibilità e specificità, solo in coloro che in quello specifico istante sono portatori del virus… Considerando i valori di specificità e sensibilità della metodica, la quota di falsi negativi e falsi positivi da gestire sarebbe superiore a quella dei veri positivi eventualmente identificati. Insomma, il tampone NON è un buon test di screening e utilizzarlo a questo scopo andrebbe contro ogni logica scientifica.”
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